31 dicembre 2020 in Efficacia

Mons. G. Fasani | Il Parroco? È anche amministratore

di
Mons. Giampietro Fasani
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«Dobbiamo essere capaci di rispondere alle esigenze della comunità come farebbe un buon padre di famiglia. Sempre condividendo la responsabilità con i laici».

La riflessione di Mons. Giampietro Fasani, già parroco dei Ss. Pietro e Paolo a Villafranca di Verona e presidente dell’Associazione Diocesana delle Opere Assistenziali (Adoa), sulle responsabilità connesse alla gestione della parrocchia, sul legame tra comunità cristiana e territorio e sul rapporto, «diretto e pieno di reciproca fiducia», con il Terzo settore.

 

Il parroco è responsabile della comunità di fedeli non solo dal punto di vista sacramentale, liturgico e catechistico, ma anche sotto il profilo amministrativo. In che modo si coniugano queste due anime?
Sono molti i compiti che competono ad un parroco. L’aspetto pastorale non può perdere la sua priorità, ma non si può tralasciare l’aspetto amministrativo che in alcuni situazioni è davvero impegnativo. Non è possibile dimenticare che una buona amministrazione è una bella carta di identità della parrocchia. Amministrare bene significa aiutare la comunità a trovare nella parrocchia un punto di riferimento positivo e sereno. Un’amministrazione poco attenta, per eccesso, spese inutili o sproporzionate, canoniche lussuose e arredi pacchiani, o per difetto, canoniche trascurate e arredi trasandati, non dà affidamento nemmeno dal punto di vista pastorale. Ritengo che un buon parroco debba essere anche un amministratore attento, capace di rispondere alle esigenze della parrocchia come “buon padre di famiglia” che amministra tenendo presente la storia, il passato e il presente con uno sguardo rivolto al futuro. Questo vale anche per la pastorale: il parroco fa un pezzo di storia che poi consegna ad altri.

 

Parliamo della parrocchia come luogo di incontro. Quali metodologie e strumenti di ascolto sono i più proficui per il coinvolgimento comunitario?
Non si può coinvolgere senza cercare di condividere le responsabilità! Ci sono vari ambiti in cui la pastorale si muove e nessuno deve essere riservato esclusivamente al sacerdote. Penso all’ambito della carità, dell’accoglienza, della catechesi, della liturgia. Che sarebbe la carità se il sacerdote facesse tutto? Forse si ridurrebbe alla distribuzione di un po’ di contributi, ma la carità è ascolto, condivisione, conoscenza, cammino fatto assieme. Qui, a Villafranca di Verona, i vari gruppi, centri di ascolto Caritas, S. Vincenzo, il Centro aiuto vita e altre realtà sono fondamentali, lo stesso vale per gli altri ambiti. Ma l’attenzione deve essere posta proprio sulla condivisione delle responsabilità, i laici non sono manodopera, ma parte della comunità che presta un servizio come fa il sacerdote. Si tratta di ruoli diversi, ma con responsabilità comuni, solo così siamo Chiesa.

 

In che modo un parroco riesce a rilevare i bisogni reali del territorio e come può contribuire ad alleviarli?
Non è il parroco che ha il compito di rilevarli, ma la comunità cristiana che è presente fattivamente sul territorio, essendo spesso coinvolta direttamente dalle singole persone o dalle famiglie. Per conoscere i bisogni reali urge fare in modo che il Consiglio Pastorale Parrocchiale sia anche uno strumento di ascolto della realtà e non solo di programmazione della pastorale. Rispondere a questi bisogni non è una cosa facile, bisogna distinguerli uno ad uno. È un errore affrontarli tutti come fossero la stessa cosa: ben diverso è un problema economico, spesso molto “visibile”, da uno educativo o sociale. Ritengo che la comunità debba essere in grado di avere qualche cosa da dire e da dare di positivo, sapendo che in tutto deve mostrare la misericordia di Dio e non fermarsi mai ad un giudizio veloce. Né ricercare “possibili colpevoli”.

 

Come si interfaccia la realtà parrocchiale con gli enti del Terzo settore presenti sul territorio?
Spero che ci sia un incontro diretto, pieno di reciproca fiducia e stima, anche se talvolta non può mancare il confronto. Dobbiamo essere consapevoli che i problemi vanno risolti e non creati, dunque l’atteggiamento con cui lavoriamo nel Terzo settore deve essere di collaborazione e di rispetto dei ruoli. Al centro di ogni servizio offerto deve esserci la “persona nella sua integralità”, di conseguenza ogni passo fatto deve portare alla creazione di uno spazio ideale in cui la persona può essere rispettata anche nelle sue difficoltà. Le risposte che vengono create devono costruire risposte ai bisogni della persona non solo all’immediato. Ci sono poi bisogni per interi gruppi sociali e questi vanno considerati interagendo con il territorio nel suo insieme e non solo con il Terzo settore. La parrocchia deve essere disponibile alla collaborazione e non temere di lavorare sul territorio con tutte le realtà presenti. Siamo una realtà positiva e il territorio tutto ha bisogno di noi per condividere anche le nostre ricchezze.