Gestione del rischio nel Terzo Settore: consapevolezza, prevenzione e sostenibilità
Gestione del rischio nel Terzo Settore: consapevolezza, prevenzione e sostenibilità

Che cos’è il rischio? Non c’è una definizione univoca: ogni contesto lo interpreta diversamente. Per il Terzo Settore, ad esempio, la gestione del rischio è particolarmente complessa, a causa della varietà delle attività svolte e delle peculiarità strutturali delle organizzazioni. In questo ambito, si parla non solo di eventi inattesi esterni o di errori umani, ma anche di fattori endogeni, strettamente connessi alla natura stessa delle attività sociali.
Emerge spesso l’idea sbagliata che il rischio dipenda solo da fattori imprevedibili. Tuttavia, è l’organizzazione stessa, con la sua operatività quotidiana, che può generare conseguenze impreviste, sia positive che negative. Ragionando in termini di impatto sociale, il rischio rappresenta una sfida costante: un potenziale ostacolo alla generazione del bene comune.
Gli enti del Terzo Settore si confrontano con rischi specifici e particolarmente sfidanti. Pensiamo, ad esempio, alla fragilità delle loro strutture istituzionali, alla presenza di lavoratori volontari, o alla necessità di operare a diretto contatto con soggetti in condizioni di estrema vulnerabilità. Questi fattori contribuiscono a rendere unica la gestione del rischio in questo settore, ma al tempo stesso ne sottolineano l’importanza.
Per affrontare queste sfide, gli enti devono sviluppare una cultura della prevenzione, che non si limiti al rispetto formale delle normative, ma che abbracci una visione sistemica. È essenziale costruire modelli organizzativi su misura, basati su un’analisi approfondita dei processi interni ed esterni e che prevedano una gestione partecipativa, con la collaborazione di tutti gli attori coinvolti.
Un esempio concreto viene dalla centralità della mission. Quando tutti i membri di un’organizzazione condividono gli obiettivi e comprendono l’importanza del loro contributo, è più facile evitare rischi reputazionali e operativi. Al contrario, una mancanza di consapevolezza condivisa può compromettere gravemente la sostenibilità dell’ente.
Per promuovere questa cultura del rischio, servono azioni mirate. Dall’analisi puntuale dei contesti operativi, alla definizione di responsabilità chiare, fino a piani di formazione adeguati a volontari e dipendenti. Ma non basta: occorre anche un’etica organizzativa fondata sulla coerenza e sulla leadership responsabile, capace di ispirare e coinvolgere.
In conclusione, la gestione del rischio non è un limite, ma una grande opportunità. Una cultura aziendale orientata alla prevenzione e alla sostenibilità permette agli enti di crescere in modo armonico, continuando a generare impatto sociale positivo e mantenendo la fiducia dei cittadini e delle istituzioni.