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05 maggio 2022

Prof. A. Fici | Riforma del Terzo Settore: a che punto siamo?

di
Prof. Antonio Fici
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L’opera di riforma legislativa del terzo settore è ormai prossima, a quasi sei anni dal suo avvio con la pubblicazione nel giugno del 2016 della legge delega n. 106, alla definitiva realizzazione.

In verità, mancano ancora, a tal fine, due passaggi di fondamentale importanza: il primo è il completamento del processo di “trasmigrazione” nel RUNTS degli enti iscritti nei “vecchi” registri di ODV e APS (che dovrebbe compiersi entro la fine di quest’anno); il secondo è l’autorizzazione europea alle norme fiscali contenute nel Codice del terzo settore e nel d.lgs. 112 sull’impresa sociale (che presuppone l’invio alla Commissione europea di una formale richiesta che il Governo italiano ha più volte annunciato come prossima). Ciononostante, l’impianto complessivo del nuovo ordinamento giuridico del terzo settore è già pienamente in funzione.


L’inizio di operatività del RUNTS – il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore – nel novembre del 2021 (ad opera al DD n. 564/2021 che ha fissato il termine esatto del 23 novembre 2021) è sicuramente stato l’evento più significativo degli ultimi tempi. Questo nuovo registro costituisce infatti una colonna portante del rinnovato quadro legislativo del terzo settore. In assenza del RUNTS, importanti norme ed istituti del nuovo diritto del terzo settore non potevano trovare applicazione (si pensi, per tutti, all’art. 22 del Codice, sull’assunzione semplificata ed automatica della personalità giuridica) ed ancor più a monte difettava un elemento essenziale della nuova nozione di ente del terzo settore: l’iscrizione nel RUNTS costituisce, infatti, in forza di quanto stabilito dall’art. 4, comma 1, del Codice, un requisito di qualificazione di un ente come “ente del terzo settore”.
L’avvio del RUNTS ha definitivamente concluso quel lungo periodo transitorio di difficile interpretazione ed applicazione della riforma, nel quale la nuova sostanza civilistica degli enti del terzo settore faticava a combinarsi con l’iscrizione nei preesistenti registri di ODV, APS e ONLUS. L’avvio del RUNTS ha consentito a “nuovi” enti non profit, diversi dalle più tradizionali ODV e APS, di poter acquisire la qualifica di ente del terzo settore, ciò che molti di essi attendevano da tempo. Diversi enti hanno potuto inoltre acquisire la personalità giuridica di diritto privato secondo i criteri e le procedure, particolarmente favorevoli, dell’art. 22 del Codice. Per effetto di ciò, il terzo settore sta cominciando ad arricchirsi di nuove realtà, tra cui diversi “altri ETS” in forma di fondazione, e a diventare plurale al suo interno, come era nelle intenzioni del legislatore della riforma. 
L’avvio del RUNTS ha permesso anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti di poter finalmente qualificare come “di terzo settore” (iscrivendoli nel Registro) loro “rami” dedicati allo svolgimento di attività di interesse generale (non di culto e religione). E ciò potendo altresì sfruttare il beneficio della “segregazione patrimoniale bilaterale”, talché il patrimonio destinato dall’ente religioso al “ramo” è il solo ed unico a rispondere delle obbligazioni contratte dall’ente religioso nell’esercizio del “ramo”, essendo allo stesso tempo inattaccabile dai rimanenti creditori dell’ente religioso che il “ramo” abbia istituito (art. 4, comma 3, CTS e art. 1, comma 3, d.lgs. 112/2017).


Sempre nel corso del 2021 si sono succeduti ulteriori decreti ministeriali attuativi, alcuni peraltro di fondamentale importanza, come i due decreti sulle attività diverse (da quelle di interesse generale) consentite ad enti del terzo settore ed imprese sociali e il decreto sul coinvolgimento degli stakeholder nella gestione delle imprese sociali. Il più importante decreto ministeriale del 2022, appena pubblicato in Gazzetta ufficiale, è quello sulla vigilanza delle imprese sociali, emanato in attuazione dell’art. 11, comma 4, d.lgs. 112/2017.
È noto come diverse norme, tanto del Codice del terzo settore quanto del decreto n. 112 sull’impresa sociale, facessero rinvio a decreti ministeriali ai fini della loro attuazione. Inizialmente, di tali decreti, se ne attendevano circa venti (escludendo i decreti ministeriali di nomina di componenti di organismi vari previsti dalla Riforma, nonché i decreti ministeriali previsti da disposizioni di legge successivamente abrogate). A quasi cinque anni dall’entrata in vigore del Codice e del d.lgs. 112/2017, la situazione è, per fortuna, completamente diversa. I decreti ancora mancanti si contano infatti sul palmo di una mano (sono infatti soltanto sei quelli ancora attesi, alcuni dei quali sicuramente non di centrale importanza).


Negli ultimi due anni si è assistito – dopo la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 131/2020 che li ha ancorati saldamente alla Costituzione italiana ed in particolare ai suoi articoli 2, 3, comma 2, e 118, comma 4 – ad una evoluzione parecchio significativa degli istituti della c.d. “amministrazione condivisa” di cui agli articoli 55-57 del Codice del terzo settore. Queste norme del Codice sono forse state quelle più frequentate dall’avvio della Riforma, ma anche quelle più attuate o quanto meno della cui attuazione si è più discusso. Anche il d.m. n. 72 del 31 marzo 2021, recante linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del terzo settore, ha sostanzialmente contribuito, alimentando il relativo dibattito ed orientando la prassi operativa, al raggiungimento di questo risultato.


In definitiva, pur restandosi in attesa del completamento del processo di “trasmigrazione” di circa 88.000 enti (di cui poco meno del 40% sono ODV e poco più del 60% sono APS) dai “vecchi” registri al RUNTS (percorso, al 24 maggio 2022, completato solo da 875 enti) e soprattutto del nulla-osta europeo alla disciplina fiscale, il quadro attuale appare particolarmente positivo. La “grande” Riforma del 2017 si trova in uno stadio molto avanzato di attuazione e un approccio ottimistico al futuro è adesso pienamente giustificabile. Le “luci” superano di gran lunga le “ombre”. Il “nuovo” terzo settore sta cominciando a delinearsi con nettezza, e nonostante alcune questioni di compatibilità con altre discipline (in particolar modo quella in materia di sport dilettantistico) ancora frenino il potenziale della Riforma, le statistiche sembrano confermarne in pieno la bontà ed efficacia in termini di promozione e sviluppo del terzo settore.


Da un’indagine da noi condotta, risulta che in sei mesi, dal 24 novembre 2021 al 24 maggio 2022, nel RUNTS si sono iscritti 3.029 nuovi enti (una media di più di 500 enti nuovi iscritti ogni mese). I 3.029 nuovi enti iscritti si distribuiscono nelle diverse sezioni del RUNTS nel seguente modo: 
sez. a) 553 ODV (poco più del 18%)
sez. b) 1.696 APS (il 56%)
sez. c) 28 enti filantropici (poco meno dell’1%)
sez. f) 6 società di mutuo soccorso (poco meno dello 0,2%)
sez. g) 746 altri enti del terzo settore (quasi il 25%)
A questi 3.029 nuovi enti iscritti devono aggiungersi 23.765 enti iscritti nella sezione imprese sociali del RUNTS, i cui dati provengono dalla sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese (si iscrivono qui sia le cooperative sociali sia le società di mutuo soccorso di maggiori dimensioni che non possono iscriversi nella sezione loro dedicata del RUNTS), e le circa 88.000 tra ODV e APS che saranno iscritte al RUNTS per “trasmigrazione” dai vecchi registri (come detto, solo 875 risultano già iscritte). Considerato che alcune migliaia di imprese sociali sono in liquidazione (volontaria o concorsuale) e che non tutte le 88.000 ODV e APS saranno alla fine traghettate nel RUNTS (alcune potrebbero essersi nel frattempo sciolte, altre non avere i requisiti per l’iscrizione, ecc.), molto probabilmente, entro la fine del 2022, il terzo settore post riforma potrebbe già contare circa 110.000 enti.
Tanti enti del terzo settore, dunque, ma ancora pochi se si considera che l’ISTAT, nel suo ultimo censimento disponibile, attesta la presenza di 362.634 enti non profit al 31/12/2019: se è vero che molti di questi enti non potranno mai divenire enti del terzo settore perché non rispettano a priori i requisiti di qualificazione stabiliti dal Codice del terzo settore, è anche vero che la maggior parte di essi ha invece tutte le carte in regola per entrare nel terzo settore (ci riferiamo in particolare alle associazioni sportive dilettantistiche). L’auspicio è dunque che una fetta ancora maggiore del non profit decida di effettuare la scelta di entrare nel perimetro del terzo settore, arricchendolo ancor più sia quantitativamente sia qualitativamente.