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31 dicembre 2020 in Stabilità

Prof. A. Fici | Nuove opportunità per le associazioni sportive dilettantistiche

di
Prof. Antonio Fici
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Il rapporto tra associazioni sportive dilettantistiche (ASD) e nuovo diritto del Terzo settore appare alquanto controverso nei commenti e nelle opinioni attualmente circolanti sul tema. Vi sono invece, a nostro avviso, degli aspetti già molto chiari che possono tradursi in concrete opportunità per le ASD.

Detto altrimenti, il nostro giudizio è nel senso che le ASD farebbero bene ad interessarsi di più della riforma del Terzo settore, perché molte di loro potrebbero trarre da essa notevoli vantaggi e significative opportunità di sviluppo. In questa breve nota, attraverso un’analisi per punti, cercheremo di capire perché.

 

1) Cominciamo con l’illustrare il rapporto tra sport dilettantistico e Terzo settore dopo la “grande” riforma del 2017. Nel Codice del Terzo settore (d.lgs. 117/2017), tra gli elementi qualificanti di un ente del Terzo settore (ETS), figura lo svolgimento di una o più attività di interesse generale. Quali siano queste attività risulta da un elenco contenuto nell’articolo 5 del Codice. Ebbene, tra le attività di interesse generale vi è anche quella della “organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche” (lettera t) dell’articolo 5). Di conseguenza, un ente che abbia come oggetto sociale lo svolgimento di un’attività sportiva dilettantistica potrebbe qualificarsi come ETS iscrivendosi nel Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS).

 

2) Le ASD sono associazioni sostanzialmente già in possesso, sulla base della loro specifica disciplina (art. 90, commi 17 e 18, l. 289/2002), degli elementi qualificanti un ente di Terzo settore. Infatti, per potersi iscrivere nel registro del CONI (previa “affiliazione” ad un organismo sportivo, cioè una federazione sportiva nazionale, una disciplina sportiva associata o un ente di promozione sportiva) e così ottenere il “riconoscimento a fini sportivi”, le ASD devono avere la forma giuridica di associazione con o senza personalità giuridica di diritto privato; devono avere come oggetto sociale l’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica; devono essere prive di scopo di lucro ed avere un ordinamento interno ispirato ai principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali; devono redigere rendiconti economico-finanziari.

 

3) Da quanto detto sopra risulta pertanto che una ASD iscritta nel registro del CONI farebbe davvero “poca fatica” a diventare ETS, dal momento che i suoi tratti distintivi per il riconoscimento a fini sportivi da parte del CONI sono, dal punto di vista dell’attività svolte, delle finalità perseguite e dell’ordinamento interno, già molto simili a quelli di un ETS.

 

4) La domanda che occorre porsi è allora la seguente: può una ASD diventare ente del Terzo settore senza perdere la sua natura di ASD iscritta al CONI?

La risposta è sicuramente affermativa. In linea di principio, infatti, una ASD può senz’altro, se lo desidera, diventare (anche) ente del Terzo settore, poiché, come evidenziato, l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche costituisce un’attività di interesse generale ai sensi e per gli effetti del Codice del Terzo settore. Diventare ente del Terzo settore non comporterebbe in nessun modo per la ASD perdere l’iscrizione nel registro del CONI e il riconoscimento a fini sportivi. Infatti tra le due qualifiche, quella di ASD e quella di ETS, v’è piena compatibilità, così come sussiste compatibilità tra l’iscrizione nel registro del CONI e il quello del Terzo settore (il RUNTS).

Una ASD, pertanto, potrebbe diventare ETS iscrivendosi nel RUNTS, e più in particolare, tra le varie tipologie di ente del Terzo settore, potrebbe diventare un’associazione di promozione sociale (APS). Quella di APS è infatti la qualifica del Terzo settore più coerente con le attività condotte da una APS, ma anche la più vantaggiosa soprattutto sul fronte fiscale (dove si applica un’ampia sfera di decommercializzazione dei corrispettivi specifici ed un regime forfettario particolarmente vantaggioso per le entrate commerciali inferiori a 130.000 € annui) e delle agevolazioni pubbliche (si pensi ai fondi ex art. 72 del Codice del Terzo settore che sono riservati ad ODV ed APS).

 

5) Se dunque è senz’altro in principio possibile, positivo e conveniente per una ASD iscritta nel registro del CONI diventare anche APS iscrivendosi nel RUNTS, vi sono ostacoli o impedimenti di fatto rispetto a questa potenziale scelta?

La risposta è nel senso che vi è un unico problema che nasce dall’impossibilità per una ASD iscritta nel RUNTS di continuare ad applicare i benefici fiscali di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398. Se, pertanto, le ASD hanno entrate commerciali (anche per effetto di sponsorizzazioni) abbastanza elevate (cioè superiori a 130.000 € ma comunque inferiori a 400.000 €, che è il limite di applicazione del regime ex legge 398/1991), allora esse devono attentamente valutare se assumere anche la qualifica di APS. Ove così facessero, infatti, non potrebbero più applicare la legge 398/91 anche sotto il profilo dell’IVA. Ciò detto, tuttavia, non vi sarebbero altre conseguenze negative legate all’assunzione da parte di una ASD dell’ulteriore qualifica di APS. In particolare, rimane invariata ed applicabile anche alle ASD-APS la disciplina fiscale di cui all’art. 69, comma 2, TUIR (esenzione 10.000 €) e la deducibilità ex art. 74, comma 2, TUIR, delle sponsorizzazioni. In più, come già spiegato, le ASD-APS potrebbero usufruire dei rilevanti vantaggi che il nuovo diritto del Terzo settore riserva alle APS.

 

6) L’ultima domanda che ci poniamo, anche a titolo riassuntivo, è dunque la seguente: cosa deve fare una ASD interessata a diventare ETS?

Essa deve innanzitutto valutare se gli effetti negativi derivanti dall’impossibilità di applicare il regime fiscale di cui alla legge 398/1991 superino i numerosi effetti positivi derivanti dall’ingresso nel Terzo settore: ove così fosse, dovrebbe scegliere di non iscriversi nel RUNTS. Qualora, invece, gli effetti positivi dell’iscrizione al RUNTS superassero in concreto quelli negativi derivanti dall’impossibilità di applicare la 398/1991 (come è molto probabile che accada per le piccole ASD – che poi sono la stragrande maggioranza – che non hanno entrate commerciali o che hanno entrate commerciali molto limitate e comunque inferiori a 130.000 €), allora una ASD avrebbe ogni convenienza ad iscriversi nel RUNTS, entrando così nel Terzo settore.

Per entrare nel Terzo settore, una ASD dovrebbe innanzitutto adeguare il proprio statuto in modo da recepire le norme del Codice del Terzo settore. In secondo luogo, dovrebbe iscriversi al RUNTS anche tramite la propria rete associativa di appartenenza.